Come la penso sulla destagionalizzazione (da sempre)
Come la penso sulla destagionalizzazione (da sempre)
Uno dei (tanti) paradigmi che sono stati completamente ribaltati dalla pandemia è sicuramente quello del periodo di apertura.
Infatti, per la prima volta da anni, gli albergatori sono stati “autorizzati!” da cause di forza maggiore a posticipare l’apertura, riducendo notevolmente la durata della “stagione”.
Risultato?
Come era facile prevedere, per chiunque abbia un minimo di dimestichezza con i numeri (e non sia in malafede), la marginalità percentuale è notevolmente aumentata.
Ora, niente di nuovo da queste parti, considerando che personalmente lo vado dicendo da una decina d’anni e ci ho dedicato un paio di paragrafi nel libro pubblicato nel 2018.
Il punto è che, purtroppo la fuori è ancora pieno di consulenti che esortano gli albergatori a prolungare il periodo di apertura, facendo leva su presunte questioni morali, come “la missione sociale” a cui dovrebbe rispondere un albergatore.
Ora, posto che siamo tutti grandi e ognuno dovrebbe essere in grado di scegliere da solo le proprie missioni, un consiglio del genere può arrivare solo se supportato da uno o entrambi dei seguenti presupposti.
- Chi ti consiglia di prolungare l’apertura in una destinazione con forte caratterizzazione stagionale, NON è in grado di leggere un bilancio, o non ne hai mai letto uno e quindi non capisce i tuoi numeri e cosa realmente è profittevole per la tua attività (non il profilo di “professionista” da cui ti consiglio di farti seguire);
- Chi ti consiglia è in MALAFEDE perché guadagna sulla tua apertura (sotto forma di % sul fatturato o sul venduto on-line o altro) ed ha a cuore i suoi interessi, senza preoccuparsi dei tuoi (non il genere di persona da cui ti consiglio di farti seguire).
Detto questo ovviamente, prolungare la stagionalità di una destinazione è possibile, ma non rientra in NESSUN modo nelle responsabilità del singolo imprenditore.
E’ un obiettivo che va perseguito a livello di SISTEMA, predisponendo un piano di promozione territoriale che prevede visione, investimenti, programmazione e coinvolgimento della comunità ad ogni livello.
E ve lo dice uno che da anni ricopre ruoli di direzione marketing in diversi DMO in giro per l’Italia.
Come sempre non parlo per sentito dire…
Detto questo, vi riporto di seguito l’estratto del mio libro dove spiego, senza giri di parole, cause e conseguenze della destagionalizzazione improvvisata.
Il problema, in questo caso, è degli hotel situati in destinazioni con forte caratterizzazione stagionale che vedono “sparire” il proprio target principale durante la bassa stagione (è piuttosto raro vedere turisti fare il bagno a gennaio e/o sciare ad ottobre).
Ora ti chiedo.
Se un unico target non è sufficiente per lavorare 12 mesi, non sarebbe opportuno chiedersi se ha senso che l’hotel in questione resti aperto tutto l’anno?
Non sarebbe meglio lavorare 6 mesi, con occupazione e retta media più alta?
Dico questo perché spesso, dividendo il bilancio in periodi, il risultato è che nei mesi nei quali si “diversifica”, i costi sostenuti per intercettare ed accontentare target diversi non sono proporzionati ai ricavi e finiscono per erodere significativamente i margini ottenuti nei mesi di punta.
Certo, mi rendo conto che questa considerazione può essere impopolare, perché negli ultimi anni si è diffuso il mito della destagionalizzazione.
Ed in effetti, per completezza di informazione, devo dirti che esistono due diverse scuole di pensiero rispetto al periodo di apertura.
Da una parte ci sono gli albergatori “vecchia scuola”, che sostengono la tesi secondo la quale gli hotel stagionali devono aprire e chiudere al massimo dell’occupazione, a costo di perdersi qualche opportunità di fatturato.
Dall’altra, ci sono gli alfieri della destagionalizzazione che sfidano le leggi di mercato dilatando il periodo di apertura, per convivere con una domanda debole, sensibile solo al prezzo.
La differenza è che di solito gli albergatori della prima categoria collezionano Rolex e a novembre sono in vacanza al caldo…
Gli altri si ritrovano a vendere una doppia in bed& breakfast a 29 € su Booking.com e a gestire le lamentele dei clienti che una volta messo piede fuori dall’hotel trovano tutto chiuso… (sempre che trovino un mezzo per arrivare)!
Il punto è che la destagionalizzazione è un obiettivo che può essere raggiunto solo se affrontato dal distretto turistico nel suo insieme e non da un singolo albergatore.
Altrimenti è una lotta contro i mulini a vento…
Ora, se anche tu vuoi creare il tuo bilancio previsionale, definendo correttamente, secondo principi di redditività, il tuo periodo di apertura 2022, senza farti condizionare da strilloni e politici in malafede, ti aspettiamo a Riccione a novembre.
Manca sempre meno….
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Perché devi pensarci molto bene prima di trasformare il tuo "hotel per famiglie" in "family hotel"?
Eccoci di nuovo qua ragazzi.
Dopo aver svelato gran parte del programma del Corso 2023, possiamo commentare la Pasqua “invernale” appena trascorsa, che per molti albergatori rappresenta il primo vero intermedio del periodo estivo.
Partiamo dai dati di fatto.
Il meteo è stato rigido quasi ovunque, con temperature decisamente inferiori rispetto alla media. Questo ha comportato un buon finale di stagione invernale in montagna, ma ha creato non pochi di disagi agli hotel di mare.
Se caso mai ne avessimo avuto bisogno, è stata l’ennesima dimostrazione di quanto, nel nostro settore, il fattore psicologico contribuisca al giudizio complessivo dell’esperienza vissuta.
Infatti, come dicevano i vecchi saggi: “negli hotel di mare con il freddo le camere sembrano più piccole, i risotti più insipidi e il parcheggio troppo lontano. Stessa cosa che succede in montagna senza neve”.
Ciononostante, i prezzi sono cresciuti, l’occupazione è stata comunque buona e il bilancio complessivamente positivo. Ecco perché, con la prua dritta verso l’estate, colgo l’occasione per analizzare insieme a voi uno dei “nuovi trend” dell’ultimo periodo.
Parliamo di family hotel.
E’ ormai evidente che, in un mercato sempre più saturo e competitivo, è fondamentale definire un posizionamento in termini di marketing per il proprio hotel e identificare il target principale a cui rivolgere i propri servizi.
Chi mi conosce sa che questi sono concetti che portiamo avanti da anni, da quando nel 2015 parlare di brand e hotel nella stessa frase, in Italia era pura fantascienza.
Detto ciò, noto con piacere che il mercato sta maturando e che molti albergatori sono sempre più consapevoli. Proprio per questo, dato che alcuni concetti teorici sono entrati nella cultura collettiva, è il momento di fare un ulteriore step in modo da fare una distinzione precisa tra la teoria e la pratica.
Partiamo dai numeri.
Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia esistono 25 milioni di famiglie per una media di 2,3 persone per nucleo. Parliamo quindi di circa 57.000.000 di persone su un totale di 60 milioni di abitanti.
Capirai bene che, in un contesto del genere, pensare di non lavorare con le famiglie è praticamente impossibile.
Anzi, iper-semplificando, possiamo dire che TUTTI gli hotel lavorano con famiglie, solo che in alcuni casi i membri si muovono separatamente rispetto al nucleo. Pensate ad esempio ai 18enni che fanno parte di un nucleo familiare, ma viaggiano con amici, oppure alle coppie di genitori che si concedono un week-end di relax, lasciando i figli ai nonni.
Tuttavia, esiste una grande differenza tra hotel che lavorano con le famiglie, hotel per famiglie e family hotel.
Cerchiamo ora di coglierne le differenze.
Se, come abbiamo visto, tutti gli hotel “lavorano con le famiglie”, direttamente o indirettamente, possiamo definire “hotel per famiglie” quelli che ospitano abitualmente nuclei familiari congiunti, senza impostare il proprio posizionamento in maniera esplicita.
Questo può accadere per diverse ragioni più o meno sensate:
- numero di camere multiple marginale rispetto al totale (o insufficiente in generale);
- scarsa predisposizione del gestore al marketing;
- impossibilità di adeguare struttura e servizi alle esigenze specifiche di un target ben definito.
Come è facile intendere, modificare il numero di camere multiple non è qualcosa che si può fare dall’oggi al domani senza un’importante ristrutturazione. Ciò non di meno, con la dimensione media degli hotel italiani, pari a 33 camere, c’è da aprire una parentesi importante sui volumi. Infatti, anche un hotel con il 100% di camere multiple, su un totale di 33, nella maggior parte delle destinazioni turistiche non sarebbe in grado di sviluppare un fatturato sufficiente per giustificare gli investimenti necessari ad adeguare i proprio servizi creando un incremento di margine.
Perché, ripetiamolo insieme a chiare lettere, qualsiasi scelta strategica in termini di marketing ha come obiettivo finale l’incremento del margine per il gestore.
Ovviamente questo non sarà automatico e il processo segue tipicamente uno schema logico-cronologico:
- incremento investimenti (marketing, adeguamenti strutturali, implementazione servizi);
- incremento fatturato (maggiore occupazione, retta media più alta);
- incremento del MARGINE.
Ora, se anche venisse fatto tutto bene da un punto di vista teorico in termini di marketing e si prevedessero i giusti investimenti, capisci bene che nessun imprenditore degno di essere definito tale dovrebbe accettare una sfida simile solo “per essere classificato tra i primi 10 hotel family in Italia”.
In azienda gli investimenti si fanno con lo scopo di far crescere e consolidare il proprio business, in modo tale da incrementare i margini da reinvestire e distribuire ai soci. Il resto è demagogia da teorici e pseudo esperti che NON hanno MAI PRESO un bilancio in mano in vita loro o, se l’hanno preso, non hanno capito da che parte si legge.
Spoiler… Si legge dalla fine.
Non a caso, gli hotel leader di mercato nella categoria family sono hotel di grandi dimensioni o, ancora più spesso, hotel di grandi dimensioni facenti parti di gruppi strutturati (di 6-7-8-10 hotel).
Questo permette loro di fare economia di scala, di individuare le destinazioni maggiormente premianti per il mercato di riferimento e di continuare a fare acquisizione di hotel con un significativo numero di camere multiple e precisi requisiti strutturali (spazi interni ed esterni).
Archiviata quindi la questione relativa ai limiti imposti dal numero di camere, passiamo ai punti successivi.
Per quanto riguarda la predisposizione al marketing mi piace pensare che, se stai leggendo questo post, tu abbia la giusta predisposizione e sia consapevole dell’importanza di definire un posizionamento chiaro e un adeguato set di servizi.
Vediamo quindi ora quali sono le aspettative in termini di servizi dei clienti che sono attratti dal posizionamento di un family hotel.
Animazione: un family hotel si contraddistingue per l’offerta di intrattenimento che offre ai piccoli ospiti, oltre che ai loro genitori.
Il “problema” in questo caso è che il mondo è sempre più globalizzato, i viaggiatori sono sempre più consapevoli delle proprie esigenze e le aspettative sono cresciute in maniera esponenziale negli ultimi anni.
Oggi avere un’animatrice ore pasti, per un hotel che si definisce “family”, equivale a dichiarare di avere una palestra, offrendo una cyclette e una macchina multifunzione arrugginita in una saletta 3×2, al piano interrato e senza finestre.
Sei fuori mercato.
Non a caso i leader di mercato offrono un servizio di animazione professionale “all-day-long” dalle 09.00 del mattino fino a dopo cena. Ovviamente tutto questo ha un costo sia economico (parliamo di cifre a 4 zeri), sia in termini di gestione relativa a reclutamento e formazione dello staff, oltre che scelta del fornitore e supervisione del servizio.
Di nuovo, questi costi sono relativamente facili da assorbire per hotel di grandi dimensioni e gruppi, praticamente insostenibili per hotel indipendenti con meno di 40 camere multiple.
Servizi di ristorazione dedicati: se decidi di trasformare la tua struttura in un family hotel, devi sapere che cambiano anche le aspettative degli ospiti in termini di ristorazione.
I leader di mercato infatti offrono merende gratuite mattino e pomeriggio, possibilità di scaldare il biberon h24, richiedere pappe e brodini per lo svezzamento, menù dedicati a pranzo e a cena, variazioni sempre disponibili, oltre alla possibilità di affidare i bambini agli animatori duranti i pasti per concedere ai genitori un momento di relax.
Spazi e requisiti strutturali: anche le caratteristiche strutturali dell’hotel rappresentano un elemento discriminante per il successo del formato.
- Piscina/e;
- spazi all’aperto per giochi gonfiabili e attività di intrattenimento;
- spazi all’interno per giochi da tavolo, visione di film e cartoni, ma anche videogames, salette dedicate a pranzi e cene, spazi per il deposito di passeggini, lavatrici e asciugatrici a disposizione per gli indumenti da bambini, etc.
Considera che questi sono solo alcuni dei servizi offerti dai leader di mercato con cui ti confronterai nel momento in cui deciderai di affacciarti esplicitamente al mercato dei family hotel.
Capisci bene che, per la maggior parte degli hotel italiani (edifici verticali terra-cielo,) è letteralmente impossibile adeguarsi a certi standard.
Quindi, se fino ad oggi hai lavorato in maniera ibrida ospitando famiglie e coppie, senza andare all-in su un certo target, non è detto che tu abbia sbagliato.
Infatti, se decidi di trasformarti in family hotel senza averne i requisiti, quello che succede solitamente segue uno schema di questo tipo:
- inizi una comunicazione più decisa e precisa rivolgendoti ad un target più esigente e consapevole;
- cominci ad avere difficoltà a vendere le camere perché il tuo messaggio di marketing ormai definito squalifica quel tipo di ospite;
- inizi ad attirare ospiti più esigenti e consapevoli che hanno già scelto in passato hotel family e questa volta decidono di cambiare poiché attratti da un prezzo più basso (ovviamente offrendo meno non potrai vendere allo stesso prezzo dei leader);
- tenti di adeguarti allo standard investendo in servizi di animazione e in attrezzature che gli spazi della tua struttura ti consente di ospitare;
- gli ospiti arrivano e trovano grande divario tra aspettative ed esperienza , iniziando a lamentarsi, rovinando il clima generale della struttura e mettendo sotto stress lo staff che, per quanto faccia i salti mortali, non è in grado di compensare le mancanze strutturali;
- dopo pochi mesi ti trovi con più costi, più presenze, più problemi, più stress e forse più fatturato;
- una volta chiuso il bilancio ti rendi conto che tutto il tempo che hai dedicato al progetto, le tue aspettative, gli investimenti economici, l’attenzione e gli sforzi si sono tradotti in un utile inferiore rispetto agli anni precedenti;
- la frustrazione ti accieca e pensi che il family hotel non è una vera opportunità di business, ma un errore fatale che ti è costato decine di migliaia di euro.
Ora, meglio specificare che quello che ti ho descritto è il peggiore scenario possibile e sicuramente non quello che accade nel 100% dei casi. Altrettanto sinceramente, però, devo confessarti che questo scenario si manifesta molto più spesso di quanto tu creda.
Inoltre, quando un albergatore che ha vissuto questo tipo di esperienza bussa alla porta di Albergatore Pro, l’unica cosa che possiamo consigliargli è di abbandonare quella strada perché non ci sono i presupposti di fattibilità. Cosa che ovviamente avrebbe potuto e dovuto fare anche il consulente di marketing che lo ha accompagnato sulla stessa strada.
Ecco qual è la differenza principale tra Albergatore Pro e la maggior parte delle agenzie di marketing che puoi incontrare sul mercato.
Quello che noi offriamo è una consulenza IMPRENDITORIALE che parte dal risultato atteso e verifica la fattibilità in funzione della destinazione e delle caratteristiche dell’hotel, valutando le diverse strategie applicabili.
Questo è il vantaggio che deriva dall’esperienza: aver lavorato per 20 anni in TUTTE le regioni italiane con hotel di diverso livello e tipologia.
Al contrario, la maggior parte dei consulenti di marketing applicano il modello che LORO CONOSCONO, tentano di farlo funzionare sul TUO hotel e magari si vantano pure di averti fatto incrementare (se va bene) fatturato e reputazione, ignorando quali sono i VERI indicatori di salute della TUA AZIENDA.
Perché ricorda sempre…
Il fatturato è vanita, l’utile è verità, LA CASSA E’ REALTA’.
P.S. Se stai valutando un rebranding per il tuo hotel e sei indeciso sul da farsi, commenta il post qua sotto o scrivici via mail a info@albergatorepro.com per realizzare un’analisi di fattibilità partendo dai TUOI OBIETTIVI.
Perché devi apprendere le conoscenze di base del web marketing pur essendo un albergatore?
Anche se stiamo attraversando una fase super positiva in termini di risultati praticamente in tutta Italia, è tornato il momento di parlare di marketing.
Sì, perché, per quanto in questo preciso momento storico le prenotazioni arrivino e la crescita di fatturato sia quasi fisiologica, non puoi MAI abbassare la guardia. Anzi, è proprio in momenti apparentemente favorevoli che la preparazione e le competenze fanno la differenza tra un Albergatore Professionista e un mestierante..
Partiamo dalle basi. Possiamo ormai dare per assodato che, a prescindere dalla destinazione in cui lavori, tu debba ogni anno predisporre un piano e definire le linee guida della tua strategia di marketing.
Senza scendere in dettagli troppo tecnici, facciamo un ripasso dei pilastri sui quali dovrai concentrarti:
- definire, revisionare o confermare il posizionamento del tuo hotel (boutique hotel, family hotel, adults only, etc.);
- elaborare una proiezione dei ricavi a tre scenari (negativo, realistico, ottimistico);
- definire un budget di advertising (costo vivo delle campagne che indirizzerai su Google, Meta e altri canali di promozione);
- stabilire i sopracitati canali e allocare il budget in funzione del target;
- definire una tariffazione di partenza coerente con il posizionamento, la reputazione dell’hotel e il budget marketing;
- impostare un sistema di monitoraggio per verificare costantemente gli andamenti delle campagne e il ritorno sugli investimenti.
Fin qui niente di nuovo sotto il sole.
Il problema è che, con un mercato degli hotel sempre più competitivo e un crescente numero di albergatori consapevoli dell’esigenza di investire per raggiungere risultati concreti, la pressione sulle agenzie web cresce ogni giorno di più.
Se a questo sommiamo anche la difficoltà nel reperire personale qualificato e trattenerlo, capite bene che, considerando il valore strategico del compito, è di fondamentale rilevanza mettersi nella condizione di dialogare con i professionisti del web per poter valutare l’efficacia del lavoro svolto.
Ora, come sapete, sono fortemente convinto che un imprenditore non debba fare micro-management spaccando il capello in dettagli tecnici che non gli competono.
Tuttavia, dato che il costo del marketing di un hotel performante incide per circa il 3% del fatturato, è assolutamente necessario comprendere le basi del web marketing per assicurarsi di avere il controllo dei propri investimenti.
La faccio semplice.
Se in una fase di mercato rialzista tu affidi alla tua agenzia un budget di €30.000 (cifra a caso) e riesci a fatturare €1.000.000 come da previsionale, attraverso una visione panoramica tutto sembrerebbe rientrare nei parametri.
Se invece ti dicessi che, proprio in virtù di questa enorme spinta di mercato, potresti ottenere lo stesso risultato spendendone €20.000? Non ti seccherebbe pensare di averne sprecati €10.000 che potevano rappresentare un extra margine da spendere come volevi o reinvestire in azienda?
Ovviamente i numeri sono presi in maniera casuale e, in funzione del numero di camere dell’hotel e della destinazione, potrebbero cambiare drasticamente… Un 1% di fatturato di differenza costituisce, però, una cifra che potrebbe incidere del 5-10% sui tuoi margini. Proprio per questo meriterebbe tutta la tua attenzione, giusto?
Benissimo, ora seguimi nel ragionamento.
Per prima cosa devi imparare a leggere e interpretare i dati.
Questo perché, quando ti inviano i report di riepilogo (se lo fanno), nel caso in cui i referenti della tua agenzia gigioneggiano, sventolando una leva costi ricavi del 5%, sarebbe facile assecondare l’entusiasmo.
Dopotutto stai investendo €5.000 per ottenerne €100.000. Chi si lamenterebbe?
Se ti dicessi invece che di quei €100.000, €60.000 te li sei portati da casa?
Saresti ancora così soddisfatto considerando anche l’investimento fatto per pagare il lavoro dell’agenzia? Probabilmente no. Quindi è il caso che tu prosegua la lettura.
Lasciami fare una precisazione. Quello che ti sto spiegando non serve a metterti in modalità “inquisizione” e contestare a prescindere il lavoro fatto dall’agenzia con cui collabori, specialmente se esiste un rapporto di fiducia… Al contrario, serve per sviluppare un occhio critico che ti permetta di comprendere, valutare ed eventualmente intervenire per migliorare le performance delle tue campagne di marketing.
Perché diciamoci la verità, tolti pochi e rari casi, in Italia le agenzie web sono aziende generaliste che seguono clienti di ogni tipo, dalla ferramenta agli avvocati, dal gommista allo studio dentistico. Capisci bene che in casi simili è praticamente impossibile, per chi deve promuoverti, comprendere i tecnicismi di un business complesso come l’hotel…
D’altra parte, le poche aziende specializzate hanno letteralmente più clienti di quanti riescono a gestirne, finendo per lavorare “un tanto al chilo” e limitandosi a controllare che la leva costi/ricavi sia sostenibile per il cliente.
Quindi “bene” in senso assoluto, ma “non abbastanza” se vuoi coltivare una cultura d’eccellenza e gestire il tuo hotel da vero Pro.
Ora, per scendere dalla teoria alla pratica, ti riporto di seguito 3 casi in cui il rapporto tra agenzia e hotel è sostanzialmente sano.
La cosa interessante è che, in tutti e 3 i casi, dopo un’attenta analisi condivisa con l’agenzia, le performance sono migliorate oppure, quando non era possibile migliorarle, sono migliorate le condizioni contrattuali a vantaggio dell’albergatore.
Caso n.1: Hotel 3 stelle stagionale, mare.
Budget investito €8.150, ricavi diretti ottenuti dalle campagne €79.600.
In questa circostanza, il costo del marketing rappresentava il 10,2% dei ricavi, leggermente al di sopra rispetto alle performance medie di mercato, ma considerato comunque soddisfacente dall’agenzia che lo comparava al 18% di Booking.com…
Dopo una prima analisi, però, sono emerse due considerazioni:
- l’hotel in questione, dato il target e il tipo di soggiorno, non aveva MAI lavorato con Booking; quindi, il riferimento era totalmente fuori contesto;
- degli €80.000 incassati, €31.200 provenivano dalla sola campagna brand, cioè da qualcuno che stava effettivamente già cercando l’hotel in maniera esplicita. Quindi, al netto dei clienti già legati al brand, il costo REALE delle campagne di marketing era pari al 16,7%… Tutta un’altra storia.
In questo caso, dopo aver comunicato le dovute osservazioni all’agenzia, rivedendo insieme la distribuzione del budget sulle varie campagne, le performance sono migliorate in pochi mesi fino a raggiungere un costo complessivo del 7,3% contro il 10% di partenza.
Ora ti chiederai: com’è possibile migliorare le performance di una campagna (a parità di agenzia), addetto che se ne occupa, budget investito e hotel da promuovere?
Semplice, ci hanno messo maggiore attenzione.
In più, in un contesto dove un solo addetto arriva a gestire anche 20-30 strutture diverse, ti assicuro che l’attenzione dedicata al singolo cambia completamente il risultato dell’attività.
Caso n.2: Hotel 4 stelle, apertura 8 mesi, destinazione di lago.
In quest’altro caso, l’hotel ha deciso di avviare campagne per il mercato estero, prevalentemente in Germania, Austria e Francia.
Budget investito €6.840, ricavi diretti ottenuti dalle campagne €26.670. Costo del marketing pari al 25,6%.
Ora, posto che in questa situazione esso è nettamente superiore a quello di Booking, il cliente, prima di consultarci, aveva comunque deciso di proseguire con gli investimenti, “giustificandosi” con l’intenzione di investire direttamente all’estero ad un costo equiparabile a quello che avrebbe dovuto sostenere con tour operator.
Piccolo problema: dopo un’analisi delle campagne, è emerso che il 100% dei clienti arrivava dalle campagne brand.
L’hotel stava pagando €4.000 l’anno l’agenzia (oltre al costo vivo delle campagne) per attrarre clienti che già conoscevano la struttura dopo averla scoperta su Booking (che sarebbe stato comunque meno costoso) poiché abituali o spinti dal passaparola.
Ovviamente la strategia è stata completamente rivista: si è continuato a presidiare il mercato con campagne diverse e il costo agenzia è stato assorbito nel contratto precedentemente firmato.
Caso n.3: Hotel 4 stelle, annuale, Roma.
Qui la situazione è ancora più complessa perché, nel mercato delle città d’arte, le poche agenzie credibili hanno instaurato una consuetudine per la quale vengono pagate in percentuale sul totale delle prenotazioni dirette.
In questo caso il costo era del 3%, quindi apparentemente conveniente.
Altro piccolo problema: l’agenzia aveva impostato una specie di “segreto di Fatima“ sul proprio operato in seguito al quale sono state necessarie infinite insistenze per poter accedere ai dati sulle campagne in essere.
E, indovinate un po’? Addirittura il 90% delle prenotazioni generate dalle campagne era riconducibile alla campagna brand.
Come già successo, i clienti avevano visto l’hotel su Booking. Si trattava ancora una volta di clienti abituali e passaparola.
Ora, essendo estremamente complicato attrarre clienti direttamente in un mercato iper-competitivo come Roma, abbiamo soltanto aggiunto una campagna con keyword “a coda lunga” che incrociava vicinanza al punto d’interesse e caratteristiche dell’hotel “Hotel Vaticano 4 stelle”.
Abbiamo poi rinegoziato totalmente l’accordo, ottenendo così l’1% sulle prenotazioni generate dalle campagne brand e il 3% sul fatturato generato dalle altre campagne.
Questi sono soltanto 3 esempi di casi in cui, con il nostro supporto, l’albergatore ha analizzato consapevolmente il proprio piano di advertising ed è riuscito a correggere il tiro monitorando gli investimenti.
Quindi, a prescindere dal rapporto di fiducia con l’agenzia che ti segue, il mio consiglio è quello di sviluppare le competenze minime necessarie per comprendere il linguaggio del web marketing e dialogare alla pari con i professionisti a cui hai affidato il compito di promuovere il tuo hotel.
I soldi fanno davvero la felicità?
Perché, nonostante guadagnino abbastanza per essere felici, molti albergatori italiani sono stanchi di fare questo mestiere?
A prescindere da come la pensi sull’argomento “soldi-felicità”, proviamo a fare insieme alcune considerazioni.
Secondo una ricerca commissionata da ABI, in Italia le società di capitali che gestiscono hotel (codice Ateco 55.10) fatturano in media circa €750.000/anno.
Considerando un margine operativo lordo di circa il 40% per un’azienda sana, è facile intuire che gli utili, al netto di eventuali mutui e affitti, posizionano il “gestore medio” comodamente sopra la cosiddetta “soglia della felicità” di €84.000.
Ora, posto che in Italia, nel nostro settore, sono ancora molto diffuse le società di persone rispetto a quelle di capitali, e che queste non hanno dati pubblici di bilancio, sappiamo tutti quanti che il fatturato è comunque un dato aleatorio, non sempre corrispondente ai reali risultati (come mio solito sono qui per dire le cose come stanno).
Ciò non di meno, il mestiere di albergatore è considerato sempre più difficile dalle nuove generazioni che, molto più frequentemente rispetto al passato, valutano nuove strade.
Allora, se questo mestiere permette di “guadagnare abbastanza per essere felici”, perché i giovani scappano dall’hotel?
Per prima cosa sappi che se ti è capitato di valutare l’ipotesi di mollare, non sei l’unico e non c’è niente di strano. Detto questo, a mio parere i motivi sono diversi e collegati tra loro.
Partiamo con le premesse.
Sono ormai abbastanza vecchio da aver attraversato due momenti di “crisi” relative agli hotel.
Il primo nel 2012 con le conseguenze della crisi finanziaria globale, che ha creato un terremoto tale da compromettere i risultati di migliaia di hotel in Italia.
Per la prima volta nella storia si è passati da un contesto dove “ce n’è abbastanza per tutti” a un contesto realmente competitivo dove “c’è sempre di più”, ma solo per chi impara le nuove regole del gioco.
Nasce in quegli anni una REALE esigenza di marketing per gli hotel, che perdono il privilegio del “cliente di cittadinanza” e devono strutturare un piano per raggiungere i propri obiettivi di fatturato.
Il secondo momento di svolta avviene nel 2020, quando il Covid SPEGNE letteralmente l’intero settore per mesi, obbligando migliaia di strutture alla chiusura.
In qualche modo questo fenomeno globale diluisce nuovamente le responsabilità del singolo imprenditore attraverso il passaggio violento, poiché avvenuto in pochi mesi, dal “non c’è niente per nessuno” al “revenge tourism”, che nel 2023 si manifesta in tutta la sua evidenza, generando una percezione di abbondanza generalizzata.
Detto questo, il Covid ha portato i suoi effetti NON solo in termini economici. Ha stravolto completamente gli equilibri psicologici di MILIARDI di persone nel mondo.
Obbligando il mondo a fermarsi, infatti, operai, professionisti, manager e imprenditori (senza distinzione di classe) si sono ricordati che esiste una vita oltre al lavoro e che quella dovrebbe essere la nostra priorità.
Tutto questo ha comportato inevitabili conseguenze sociali, con effetti diretti sul turismo mondiale.
Vediamo ora insieme quali, secondo la mia esperienza, sono i principali fattori di “sofferenza” e insoddisfazione che la nuova generazione di albergatori sta attraversando in questo delicatissimo momento storico.
Prima di cominciare ti ricordo che, quando condivido questo genere di analisi, riporto principalmente le confessioni raccolte durante i colloqui con le centinaia di albergatori che incontro ogni anno.
Sei pronto? Cominciamo
Salute fisica: viviamo in un’epoca dove l’importanza percepita di “essere in salute” è cresciuta esponenzialmente.
Attenzione: per essere in salute NON si intende, come per la generazione precedente, NON avere un brutto male, bensì occuparsi consapevolmente di proteggere e curare il proprio benessere psicofisico, PRIMA che sia troppo tardi.
Avere il mal di schiena cronico, essere in sovrappeso e convivere con livelli di stress oltre la soglia di allarme erano cose considerate assolutamente normali fino a vent’anni fa. Anzi, per un inspiegabile meccanismo perverso, la soglia di sopportazione del sacrificio era considerata, dalla generazione precedente, una sorta di “medaglia al merito”.
Ho memoria diretta di albergatori che, nonostante infortuni fisici “durante la stagione”, hanno rimandato qualunque visita all’autunno “perché in estate non si può star male”.
Allo stesso modo, quando mi occupavo di software, ho visto con i miei occhi centinaia di albergatori lavorare in inverno, in strutture chiuse, con temperatura da frigo e umidità insostenibile, con cappello in testa e stufetta ai piedi “perché il cloud costa troppo”.
E non ti parlo di persone economicamente in difficoltà, ti parlo di imprenditori che guadagnavano 100-200-300 mila euro l’anno e che convivevano PER SCELTA con influenza, artrite e reumatismi per risparmiarne mille.
Se ti riconosci in una delle situazioni di cui sopra, non sentirti in alcun modo offeso da queste considerazioni, io stesso ho vissuto in famiglia situazioni simili.
Fa parte del normale processo di evoluzione scontrarsi con l’eredità del “abbiamo sempre fatto così”.
L’importante è prenderne coscienza e provare a mettere nero su bianco le cause della vostra eventuale insofferenza al mestiere.
Stress/salute mentale: trovare e gestire il personale, raggiungere il budget, pagare le rate del mutuo o dell’affitto, ristrutturare, trovare il tempo per dedicarsi alla famiglia sono solo alcuni dei mille pensieri con cui oggi convive un albergatore.
Ora, posto che è inevitabile avere pensieri quando si gestisce un’impresa, il problema nasce quando i pensieri si trasformano in PAURE.
E sai qual è il principale antidoto contro la paura? La CONOSCENZA.
Gestire un hotel nel 2023 comporta la necessità di acquisire competenze che fino al 2008 erano assolutamente superflue.
Al giorno d’oggi saper fare marketing, leggere un bilancio, attrarre, motivare e coinvolgere le persone NON sono aspirazioni per appassionati di formazione e crescita personale, ma REQUISITI MINIMI per competere.
Se vivi costantemente con l’ansia per uno o più dei fattori sopra citati, sappi che sviluppare le tue conoscenze ti permetterà di affrontare ogni aspetto con maggiore consapevolezza e serenità.
Relazioni: è scientificamente dimostrato che la qualità della vita dipende STRETTAMENTE dalla qualità delle relazioni sociali che instauriamo.
Conflitti familiari, “lotte di successione”, compromessi con collaboratori e soci sono all’ordine del giorno e questo lo sappiamo tutti.
Ricorda che, anche se ognuno di noi ha una propria e personalissima soglia di sopportazione, NESSUNO è realmente impermeabile alle relazioni tossiche.
Rancore, invidia, gelosie, frustraziome, nervosismo costante, creano un comprovato indebolimento del sistema immunitario e generano le condizioni ideali per conseguenze ancora peggiori in termini di salute.
In questo caso, il consiglio è quello di ascoltarsi e ammettere a sé stessi (con brutale onestà) se stiamo convivendo con normali conflitti emotivi o se stiamo accettando compromessi che inquinano la nostra salute fisica e mentale.
Controllo: qui è fondamentale riconoscere una verità incontrovertibile.
Se NON hai un tuo piano marketing, dipendi completamente dalla destinazione che ti ospita.
Per dirla in altre parole: sei completamente in balia del mercato.
Se la tua destinazione “va bene”, vai bene anche tu nella misura della dimensione, classificazione e reputazione del tuo hotel. Se la tua destinazione “va male”, vai male anche tu.
Per quanto abbiamo ripetuto centinaia di volte che la destinazione in cui lavori determina i confini entro i quali puoi crescere, c’è un’altra parte della verità che forse non ho ripetuto abbastanza: la differenza tra un TOP performer e il livello medio della destinazione oggi arriva al 25-30%.
Questo significa che, a parità di dimensioni e classificazione, un albergatore “normale” fattura €750.000, mentre un Albergatore Pro ne fattura €1.000.000 con una crescita esponenziale in termini di UTILI.
Quindi la verità è che se decidi di seguire la corrente, ti sei auto-condannato ad un destino dove l’unica “strategia” è alzare gli occhi al cielo e sperare “che Dio te la mandi buona”. Se, invece, accetti di assumerti la responsabilità dei tuoi risultati, PUOI FARE LA DIFFERENZA per te, per il tuo hotel, per i tuoi CARI.
Attenzione però, perché se è vero come è vero che oltre una certa soglia “i soldi non fanno felicità”, CRESCERE NON significa solo aumentare il fatturato, assorbire l’incremento di costi, e proteggere i tuoi utili, ma implementare un metodo che ti permetta di avere un equilibrio SANO tra lavoro e vita privata per gestire al meglio il tuo hotel, senza rinunciare a prenderti cura della tua salute e dedicare tempo alle persone importanti della tua vita.
La buona notizia per te è che, al prossimo Albergatore Pro, parleremo anche di questo tema. Il programma è ormai interamente definito e lo pubblicheremo entro poche settimane.
L’obiettivo per il corso 2023 non è più semplicemente “creare la migliore edizione di sempre”, anche purché la questione è molto soggettiva e riguarda la percezione e la condizione individuale del momento, di ogni singolo partecipante.
L’obiettivo è introdurre spunti COMPLETAMENTE nuovi che possano proiettarti 10 anni avanti rispetto ai competitor.
Affronteremo argomenti che saranno considerati “avanti” nel 2033, quando tu potrai dire “io queste cose le ho imparate ad Albergatore Pro 10 anni fa.
Tra crisi e opportunità: come guidare il tuo hotel seguendo l'esempio del “re degli occhiali” Leonardo Del Vecchio
Nonostante le temperature da record per il mese di ottobre, la maggior parte degli hotel stagionali hanno ormai archiviato un’estate molto complessa, per mille ragioni diverse.
Volendo individuare i principali elementi di criticità, ne indico 3, in ordine decrescente di importanza:
- caro utenze;
- crisi del mercato del lavoro;
- vendita sincopata.
Da una parte c’è chi ha già deciso di cancellare alcune aperture spot per paura degli eccessivi costi energetici, dall’altra chi sarà obbligato a farci i conti in vista di una decisiva stagione invernale, mentre alcuni gestori stanno addirittura valutando se ci sono ancora i margini per proseguire l’attività.
Non giriamoci intorno.
Siamo di fronte ad una situazione oggettivamente molto complicata le cui cause stanno ad un livello al quale il singolo imprenditore non può accedere per occuparsene personalmente.
Non possiamo risolvere il conflitto tra Russia e Ucraina, non possiamo far quasi nulla per ottenere un’autonomia energetica, non siamo in grado di cambiare i paradigmi che regolano il mercato del lavoro.
Come sempre ci sono elementi decisivi sui quali invece abbiamo assoluto controllo:
- un attento controllo di gestione;
- un’analisi clinica di tutte le azioni da campiere per ottenere un risparmio energetico;
- un piano carriera in grado di attrare, premiare, valorizzare e trattenere i migliori collaboratori;
- un piano marketing in grado di garantire al nostro hotel il massimo risultato possibile in termini di fatturato, per proteggere i margini.
Questo però non basta.
Andiamo incontro ad una configurazione di mercato dove non sarà sufficiente alzare i prezzi. Per lo meno non per tutti. Molti hotel di 20-30 camere non hanno i moltiplicatori per assorbire l’incremento dei costi di struttura, semplicemente ritoccando il prezzo della camera venduta per notte.
O si cresce o si muore. Non ci sono alternative.
Ecco perché credo sia molto interessante riportarvi alcuni passaggi di un libro illuminante che sto leggendo in questi giorni.
La storia di Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica, attualmente l’uomo più ricco d’Italia.
Se stai pensando che sia la classica retorica d’ispirazione che usa un esempio imparagonabile alla tua realtà, ti sbagli completamente e ti consiglio vivamente di continuare a leggere.
Non tutti sanno che Del Vecchio nasce dalle macerie delle case minime a Milano, e la madre a 7 anni lo affida ad un orfanotrofio perché non è in grado di occuparsene.
Non proprio una partenza in discesa.
Tuttavia, la disciplina ferrea trasmessagli dell’orfanotrofio Martinitt lo forgia permettendogli di affrontare e superare una serie di sfide che avrebbero abbattuto un toro.
Ora, se sei curioso di conoscere i dettagli della storia non puoi perderti la lettura di questo libro, ma nel post di oggi mi concentrerò solo sui passaggi cruciali che sono convinto potranno esserti utili per prendere le decisioni giuste nelle scelte che ti troverai inevitabilmente ad affrontare.
Ma ora seguimi un attimo nella sintesi…
La narrativa legata al boss mondiale dell’occhialeria è tutta concentrata sulla sua inesauribile voglia di lavorare, il profilo basso, l’ossessione per la qualità del prodotto. Tutte cose sicuramente vere, ma se parliamo di voglia di lavorare, nell’Italia del dopo guerra possiamo sicuramente considerarla una regola (al contrario di quello che succede oggi).
Il tratto invece assolutamente non comune nella personalità di Del Vecchio è il CORAGGIO, dote che gli ha permesso di distinguersi da tutti i colleghi e i rivali incontrati lungo il cammino.
Andiamo con ordine…
Poco dopo essere stato assunto come incisore in una fabbrica specializzata in medaglie, Leonardo si rende conto di avere delle abilità rare e soprattutto dimostra di essere animato da un ardente desiderio: essere il più bravo di tutti. Così, dopo aver rubato i trucchi del mestiere agli operai più anziani, si rende conto che il lavoro da impiegato è troppo limitante per le sue ambizioni e decide di mettersi in proprio.
Se ora sembra una cosa abbastanza naturale, pensate che nel 1950 l’Italia non era quella di oggi ed avere un impiego ti rendeva già un privilegiato rispetto alla maggior parte delle persone, soprattutto considerando la condizione della famiglia di Leonardo: una mamma vedova che faceva i salti mortali per mantenere 4 figlie nell’estrema periferia di Milano.
Primo atto di coraggio.
Una volta iniziata l’attività ed assunti i primi operai Leonardo scopre che l’attività più redditizia tra le commesse ricevute è quella di produrre aste per gli occhiali da vista, allora considerati esclusivamente un presidio medico.
Dopo poco tempo, un cliente lo segnala a due industriali della zona del Cadore, in Veneto, nell’alta provincia di Belluno, primo distretto industriale dell’occhialeria Italiana.
Ecco un altro bivio.
Continuare la propria attività a Milano, nella metropoli in rinascita dopo la seconda guerra mondiale, oppure trasferirsi in un angolo remoto della provincia italiana ai piedi delle Alpi, per inseguire il proprio progetto di crescita?
Del vecchio a 26 anni, raccoglie moglie e figli e parte.
Secondo atto di coraggio.
Dopo aver dimostrato le proprie capacità e la propria serietà come terzista per i due industriali, a Del Vecchio viene proposto di creare una nuova società con quello che all’epoca era il suo miglior cliente. Sfida accettata, si cambia di nuovo.
Terzo atto di coraggio.
Gli affari vanno a gonfie vele, i clienti aumentano, la produzione si moltiplica ma i due soci iniziano a contestare l’operato di Del Vecchio, che ormai li vede come un limite ai suoi piani espansionistici.
Problema: loro hanno i soldi e lui no, loro giocano in casa e lui no. All’epoca non sono dettagli da trascurare in un così piccolo paese di Montagna.
Non importa, dopo due anni di convivenza forzata Del Vecchio rischia tutto, trova una banca disposta a fargli credito e liquida i due soci.
Quarto enorme atto di coraggio.
I soldi però non bastano, per la prima volta tarda a pagare le buste paga.
Nonostante ciò, fa gruppo con i suoi operai per super comunque il periodo di crisi, gli affari tornano a crescere e Del Vecchio si rende conto che il mercato più profittevole è quello Americano, così prende un aereo e va direttamente a trattare con il principale distributore dell’epoca.
Qui, invece di perdere tempo a trattare il prezzo di vendita delle montature, fa un’offerta e rileva il 50% delle quote della società per un valore appena inferiore al fatturato dell’epoca di Luxottica.
Quinto clamoroso atto di coraggio.
Ora, la cosa divertente è che questi sono solo gli episodi che mi ricordo a memoria, fino a circa metà libro, e potrei continuare per un paio di pagine, ma non è questo il punto.
Il punto è mettere a fuoco la principale caratteristica che devi sviluppare per superare quello che ci aspetta nei prossimi anni.
Come ormai avrai capito, sto parlando del CORAGGIO.
Se Del Vecchio ha lasciato Milano chiudendo baracca e burattini per spostarsi dove allora risiedeva il centro nevralgico del business in cui operava, allo stesso modo tu puoi cercare un nuovo hotel in una destinazione che sostiene prezzi e margini più alti.
Se il tuo hotel non ha abbastanza camere per sostenere l’incremento dei costi, puoi rilevarne un altro e attuare un’economia di scala.
Se la tua struttura sta invecchiando e richiede interventi di manutenzione sempre più frequenti, è il momento di ristrutturare.
Se sei indeciso se fare un upgrade da 3 a 4 stelle, FALLO.
Se ti si presenta l’opportunità di gestire un hotel di livello più alto, con prezzi più alti e margini maggiori, anche se non l’hai mai fatto, devi coglierla.
Se non ti si presenta, devi cercarla.
Se ti stai chiedendo perchè la risposta è molto semplice…
In tempi di crisi la differenza tra chi può e chi non può crescerà sempre di più.
Le persone che stanno alla base della piramide di reddito subiranno un colpo durissimo. E dovranno necessariamente fare i conti con una minore possibilità di spesa che li costringerà a fare delle scelte. Forse rinunceranno al nuovo Iphone, forse alle prossime vacanze, forse a qualche weekend…
D’altra parte al vertice della piramide, nulla cambierà. Chi può continuerà a fare la stessa vita di prima, forte della propria stabilità economica.
Quindi, se abbinando un buon marketing ad un attento controllo di gestione sei riuscito a creare un po’ di cassa, questo non è il momento di giocare in difesa. E’ il momento del contropiede.
Ricorda: in tempi di inflazione i soldi perdono valore molto velocemente.
Per questo motivo ha molto più senso rilanciare, piuttosto che tenere fieno in cascina con l’illusione di una sicurezza che non esiste più.
Ovviamente con questo articolo non voglio esortare nessuno a “lanciare il cuore oltre l’ostacolo”, buttandosi a capofitto nella prima occasione che capita. Al contrario, vorrei invitarti a fare un bilancio preciso dell’anno appena concluso, analizzare i risultati, comprendere i limiti dell’attuale struttura costi-ricavi (se ci sono) e valutare le opportunità.
Se non sei soddisfatto del risultato, se i tuoi utili sono discesa, non è il momento di farsi prendere dalla paura perché, nei prossimi 2-3 anni, la differenza tra chi oggi ha il coraggio di investire e chi invece si ritira sotto coperta aspettando che la tempesta passi, sarà incolmabile.
Ora sta a te scegliere da che parte stare.
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