Vendere a 1 euro
Vendere a 1 euro
Vendere una camera a 1 € è meglio che lasciarla libera?
Scopri la formula per calcolare il TUO prezzo minimo di vendita
Il crescente sviluppo del mercato di formazione alberghiera ha dato vita a nuove e diverse scuole di pensiero. Il revenue management è una strategia di gestione dei prezzi, ispirata al mercato delle compagnie aeree, adottata da numerosi hotel di diverso livello e tipologia.
Che cos’è il revenue management?
Per introdurre l’argomento in oggetto è importante spiegare in maniera semplice cosa significa questa definizione.
Il revenue management prevede l’aggiornamento dinamico del prezzo sulla base del reale andamento della domanda.
Niente di nuovo direte voi; in effetti Il vecchio listino dell’hotel ha sempre considerato la domanda come variabile ma, nella maggior parte dei casi, i prezzi erano calcolati in maniera approssimativa e adottavano un modello stupidamente rigido.
I listini degli hotel turistici in particolare erano divisi per stagionalità e proponevano prezzi fissi legati al periodo e non alla reale occupazione.
Siamo onesti: prima della crisi del 2008, prima che internet sconvolgesse il mercato mettendo in concorrenza migliaia di hotel con un click, questo meccanismo rudimentale poteva anche funzionare…
Ti faccio un esempio:
Verso sera un hotel ipotetico ha un camera libera e un ipotetico cliente entra e si dimostra disposto a prenotarla. Se la camera costa 70 € in BB e il cliente ha in tasca solo 60 €, se il listino è rigido il nostro cliente non può prenotare e, in mancanza di altre richieste, l’hotel rimane con una camera libera.
Facendo uno sconto di 10 € l’hotel avrebbe avuto una perdita?
La risposta ovviamente è NO. L’esempio è volutamente iper-semplificato e chiunque abbia una minima conoscenza del mercato è in grado di rispondere correttamente a questa domanda. Un vero professionista si sarà chiesto se il cliente dell’esempio viaggiava per lavoro o per vacanza e per quanti notti fosse libera la camera ma queste sono sfumature che si acquisiscono con il tempo e la dimestichezza con questi ragionamenti dimostra già una certa padronanza della materia.
Spesso quando inizio una consulenza incontro albergatori confusi dai troppi input che ricevono sui vari siti o durante i seminari a cui partecipano. Parlano di “RACK RATE” e di “REVPAR” ma non hanno idea di quali siano le basi di calcolo da cui partire.
L’obiettivo che mi sono dato quando ho deciso di tenere il blog è fare chiarezza sugli argomenti trattati e la condivisione delle esperienze di altri è lo strumento migliore che posso offrire a chi vuole approfondire.
Per andare dritti al nocciolo della questione, di seguito ti riporto le tipiche domande che mi fanno i clienti quando devono impostare una nuova politica tariffaria:
- Come fa l’hotel “X” a vendere una camera a 29 € su booking.com se ci paga anche le commissioni?
- Se vendo anche io a quella cifra non ci rimetto?
- Vendere una camera a 1 € è meglio che lasciarla libera??
Anche se sono 3 domande diverse è possibile ricavare tutte le risposte da un’unica analisi. Per farlo è necessario prendere in prestito alcuni concetti di economia aziendale.
Se ti stai già spaventando all’idea, sappi che il bello dell’economia aziendale applicata è che, per prendere corrette decisioni strategiche, generalmente è sufficiente saper preparare e legger un business plan (un giorno magari farò un articolo in proposito…)
Il bello di un business plan è che è fatto di numeri e il bello dei numeri è che danno sempre risposte certe.
Ecco la prima buona notizia per chi sta iniziando a “fare revenue”: è possibile definire con certezza il prezzo al di sotto del quale vendere una camera rappresenta un costo.
Il prezzo minimo di vendita è dato dalla somma dei costi marginali.
In economia il costo marginale unitario corrisponde al costo di un’unità aggiuntiva prodotta. Nel caso di una camera i costi marginali sono:
- costo delle dotazioni della camera (matite, blocchi, carta intestata, buste, cioccolatini, eventuale bottiglia d’acqua offerta, set da bagno…)
- costo di materiale al ricevimento (modulistica fiscale, eventuali costi per chiavi magnetiche..)
- costo di lavanderia (lenzuola, federe, asciugamani, accappatoi…)
- costo per la colazione (food cost)
- eventuali costi pulizia camera (solo nel caso di contratti a chiamata o servizi in outsourcing effettuati da ditte esterne) *
Una volta valutati attentamente i costi marginali (che possono variare in maniera significativa a seconda dei servizi offerti) otterrai una cifra che normalmente si aggira tra i 10 e 20 €. Se il risultato è 20 €, 20 € sarà il tuo prezzo minimo di vendita. Ora che hai appreso questo concetto, torniamo alla domanda iniziale:
Vendere una camera a 1 euro e’ meglio che lasciarla libera?
Risposta semplice: NO. Vendere una camera a 1 € rappresenta un costo e quindi è un’attività anti-economica. Tale costo è definibile sottraendo al totale dei costi marginali il valore di 1 €.
Risposta articolata: Vendere una camera a 1 € è un costo ma non tutti i costi sono da considerarsi negativi per un’impresa. Se consideri che la soddisfazione di un cliente è fortemente influenzata dal rapporto/qualità prezzo molto probabilmente un cliente che ha speso 1 € per una camera sarà molto soddisfatto e sarà un futuro testimonial del tuo albergo.
Come conseguenza puoi aspettarti una recensione positiva o, come minimo, un passaparola per l’esperienza vissuta. Molti hotel spendono migliaia di euro l’anno per pubblicità su portali locali, riviste di settore e quotidiani senza verificare il ritorno di investimento, sottovalutando l’enorme potenzialità del passaparola.
“Un cliente soddisfatto è la migliore pubblicità per il tuo hotel”.
In quest’ottica vendere una camera ad 1 € può essere considerato un costo di pubblicità e quindi un buon investimento commerciale.
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Perché devi pensarci molto bene prima di trasformare il tuo "hotel per famiglie" in "family hotel"?
Eccoci di nuovo qua ragazzi.
Dopo aver svelato gran parte del programma del Corso 2023, possiamo commentare la Pasqua “invernale” appena trascorsa, che per molti albergatori rappresenta il primo vero intermedio del periodo estivo.
Partiamo dai dati di fatto.
Il meteo è stato rigido quasi ovunque, con temperature decisamente inferiori rispetto alla media. Questo ha comportato un buon finale di stagione invernale in montagna, ma ha creato non pochi di disagi agli hotel di mare.
Se caso mai ne avessimo avuto bisogno, è stata l’ennesima dimostrazione di quanto, nel nostro settore, il fattore psicologico contribuisca al giudizio complessivo dell’esperienza vissuta.
Infatti, come dicevano i vecchi saggi: “negli hotel di mare con il freddo le camere sembrano più piccole, i risotti più insipidi e il parcheggio troppo lontano. Stessa cosa che succede in montagna senza neve”.
Ciononostante, i prezzi sono cresciuti, l’occupazione è stata comunque buona e il bilancio complessivamente positivo. Ecco perché, con la prua dritta verso l’estate, colgo l’occasione per analizzare insieme a voi uno dei “nuovi trend” dell’ultimo periodo.
Parliamo di family hotel.
E’ ormai evidente che, in un mercato sempre più saturo e competitivo, è fondamentale definire un posizionamento in termini di marketing per il proprio hotel e identificare il target principale a cui rivolgere i propri servizi.
Chi mi conosce sa che questi sono concetti che portiamo avanti da anni, da quando nel 2015 parlare di brand e hotel nella stessa frase, in Italia era pura fantascienza.
Detto ciò, noto con piacere che il mercato sta maturando e che molti albergatori sono sempre più consapevoli. Proprio per questo, dato che alcuni concetti teorici sono entrati nella cultura collettiva, è il momento di fare un ulteriore step in modo da fare una distinzione precisa tra la teoria e la pratica.
Partiamo dai numeri.
Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia esistono 25 milioni di famiglie per una media di 2,3 persone per nucleo. Parliamo quindi di circa 57.000.000 di persone su un totale di 60 milioni di abitanti.
Capirai bene che, in un contesto del genere, pensare di non lavorare con le famiglie è praticamente impossibile.
Anzi, iper-semplificando, possiamo dire che TUTTI gli hotel lavorano con famiglie, solo che in alcuni casi i membri si muovono separatamente rispetto al nucleo. Pensate ad esempio ai 18enni che fanno parte di un nucleo familiare, ma viaggiano con amici, oppure alle coppie di genitori che si concedono un week-end di relax, lasciando i figli ai nonni.
Tuttavia, esiste una grande differenza tra hotel che lavorano con le famiglie, hotel per famiglie e family hotel.
Cerchiamo ora di coglierne le differenze.
Se, come abbiamo visto, tutti gli hotel “lavorano con le famiglie”, direttamente o indirettamente, possiamo definire “hotel per famiglie” quelli che ospitano abitualmente nuclei familiari congiunti, senza impostare il proprio posizionamento in maniera esplicita.
Questo può accadere per diverse ragioni più o meno sensate:
- numero di camere multiple marginale rispetto al totale (o insufficiente in generale);
- scarsa predisposizione del gestore al marketing;
- impossibilità di adeguare struttura e servizi alle esigenze specifiche di un target ben definito.
Come è facile intendere, modificare il numero di camere multiple non è qualcosa che si può fare dall’oggi al domani senza un’importante ristrutturazione. Ciò non di meno, con la dimensione media degli hotel italiani, pari a 33 camere, c’è da aprire una parentesi importante sui volumi. Infatti, anche un hotel con il 100% di camere multiple, su un totale di 33, nella maggior parte delle destinazioni turistiche non sarebbe in grado di sviluppare un fatturato sufficiente per giustificare gli investimenti necessari ad adeguare i proprio servizi creando un incremento di margine.
Perché, ripetiamolo insieme a chiare lettere, qualsiasi scelta strategica in termini di marketing ha come obiettivo finale l’incremento del margine per il gestore.
Ovviamente questo non sarà automatico e il processo segue tipicamente uno schema logico-cronologico:
- incremento investimenti (marketing, adeguamenti strutturali, implementazione servizi);
- incremento fatturato (maggiore occupazione, retta media più alta);
- incremento del MARGINE.
Ora, se anche venisse fatto tutto bene da un punto di vista teorico in termini di marketing e si prevedessero i giusti investimenti, capisci bene che nessun imprenditore degno di essere definito tale dovrebbe accettare una sfida simile solo “per essere classificato tra i primi 10 hotel family in Italia”.
In azienda gli investimenti si fanno con lo scopo di far crescere e consolidare il proprio business, in modo tale da incrementare i margini da reinvestire e distribuire ai soci. Il resto è demagogia da teorici e pseudo esperti che NON hanno MAI PRESO un bilancio in mano in vita loro o, se l’hanno preso, non hanno capito da che parte si legge.
Spoiler… Si legge dalla fine.
Non a caso, gli hotel leader di mercato nella categoria family sono hotel di grandi dimensioni o, ancora più spesso, hotel di grandi dimensioni facenti parti di gruppi strutturati (di 6-7-8-10 hotel).
Questo permette loro di fare economia di scala, di individuare le destinazioni maggiormente premianti per il mercato di riferimento e di continuare a fare acquisizione di hotel con un significativo numero di camere multiple e precisi requisiti strutturali (spazi interni ed esterni).
Archiviata quindi la questione relativa ai limiti imposti dal numero di camere, passiamo ai punti successivi.
Per quanto riguarda la predisposizione al marketing mi piace pensare che, se stai leggendo questo post, tu abbia la giusta predisposizione e sia consapevole dell’importanza di definire un posizionamento chiaro e un adeguato set di servizi.
Vediamo quindi ora quali sono le aspettative in termini di servizi dei clienti che sono attratti dal posizionamento di un family hotel.
Animazione: un family hotel si contraddistingue per l’offerta di intrattenimento che offre ai piccoli ospiti, oltre che ai loro genitori.
Il “problema” in questo caso è che il mondo è sempre più globalizzato, i viaggiatori sono sempre più consapevoli delle proprie esigenze e le aspettative sono cresciute in maniera esponenziale negli ultimi anni.
Oggi avere un’animatrice ore pasti, per un hotel che si definisce “family”, equivale a dichiarare di avere una palestra, offrendo una cyclette e una macchina multifunzione arrugginita in una saletta 3×2, al piano interrato e senza finestre.
Sei fuori mercato.
Non a caso i leader di mercato offrono un servizio di animazione professionale “all-day-long” dalle 09.00 del mattino fino a dopo cena. Ovviamente tutto questo ha un costo sia economico (parliamo di cifre a 4 zeri), sia in termini di gestione relativa a reclutamento e formazione dello staff, oltre che scelta del fornitore e supervisione del servizio.
Di nuovo, questi costi sono relativamente facili da assorbire per hotel di grandi dimensioni e gruppi, praticamente insostenibili per hotel indipendenti con meno di 40 camere multiple.
Servizi di ristorazione dedicati: se decidi di trasformare la tua struttura in un family hotel, devi sapere che cambiano anche le aspettative degli ospiti in termini di ristorazione.
I leader di mercato infatti offrono merende gratuite mattino e pomeriggio, possibilità di scaldare il biberon h24, richiedere pappe e brodini per lo svezzamento, menù dedicati a pranzo e a cena, variazioni sempre disponibili, oltre alla possibilità di affidare i bambini agli animatori duranti i pasti per concedere ai genitori un momento di relax.
Spazi e requisiti strutturali: anche le caratteristiche strutturali dell’hotel rappresentano un elemento discriminante per il successo del formato.
- Piscina/e;
- spazi all’aperto per giochi gonfiabili e attività di intrattenimento;
- spazi all’interno per giochi da tavolo, visione di film e cartoni, ma anche videogames, salette dedicate a pranzi e cene, spazi per il deposito di passeggini, lavatrici e asciugatrici a disposizione per gli indumenti da bambini, etc.
Considera che questi sono solo alcuni dei servizi offerti dai leader di mercato con cui ti confronterai nel momento in cui deciderai di affacciarti esplicitamente al mercato dei family hotel.
Capisci bene che, per la maggior parte degli hotel italiani (edifici verticali terra-cielo,) è letteralmente impossibile adeguarsi a certi standard.
Quindi, se fino ad oggi hai lavorato in maniera ibrida ospitando famiglie e coppie, senza andare all-in su un certo target, non è detto che tu abbia sbagliato.
Infatti, se decidi di trasformarti in family hotel senza averne i requisiti, quello che succede solitamente segue uno schema di questo tipo:
- inizi una comunicazione più decisa e precisa rivolgendoti ad un target più esigente e consapevole;
- cominci ad avere difficoltà a vendere le camere perché il tuo messaggio di marketing ormai definito squalifica quel tipo di ospite;
- inizi ad attirare ospiti più esigenti e consapevoli che hanno già scelto in passato hotel family e questa volta decidono di cambiare poiché attratti da un prezzo più basso (ovviamente offrendo meno non potrai vendere allo stesso prezzo dei leader);
- tenti di adeguarti allo standard investendo in servizi di animazione e in attrezzature che gli spazi della tua struttura ti consente di ospitare;
- gli ospiti arrivano e trovano grande divario tra aspettative ed esperienza , iniziando a lamentarsi, rovinando il clima generale della struttura e mettendo sotto stress lo staff che, per quanto faccia i salti mortali, non è in grado di compensare le mancanze strutturali;
- dopo pochi mesi ti trovi con più costi, più presenze, più problemi, più stress e forse più fatturato;
- una volta chiuso il bilancio ti rendi conto che tutto il tempo che hai dedicato al progetto, le tue aspettative, gli investimenti economici, l’attenzione e gli sforzi si sono tradotti in un utile inferiore rispetto agli anni precedenti;
- la frustrazione ti accieca e pensi che il family hotel non è una vera opportunità di business, ma un errore fatale che ti è costato decine di migliaia di euro.
Ora, meglio specificare che quello che ti ho descritto è il peggiore scenario possibile e sicuramente non quello che accade nel 100% dei casi. Altrettanto sinceramente, però, devo confessarti che questo scenario si manifesta molto più spesso di quanto tu creda.
Inoltre, quando un albergatore che ha vissuto questo tipo di esperienza bussa alla porta di Albergatore Pro, l’unica cosa che possiamo consigliargli è di abbandonare quella strada perché non ci sono i presupposti di fattibilità. Cosa che ovviamente avrebbe potuto e dovuto fare anche il consulente di marketing che lo ha accompagnato sulla stessa strada.
Ecco qual è la differenza principale tra Albergatore Pro e la maggior parte delle agenzie di marketing che puoi incontrare sul mercato.
Quello che noi offriamo è una consulenza IMPRENDITORIALE che parte dal risultato atteso e verifica la fattibilità in funzione della destinazione e delle caratteristiche dell’hotel, valutando le diverse strategie applicabili.
Questo è il vantaggio che deriva dall’esperienza: aver lavorato per 20 anni in TUTTE le regioni italiane con hotel di diverso livello e tipologia.
Al contrario, la maggior parte dei consulenti di marketing applicano il modello che LORO CONOSCONO, tentano di farlo funzionare sul TUO hotel e magari si vantano pure di averti fatto incrementare (se va bene) fatturato e reputazione, ignorando quali sono i VERI indicatori di salute della TUA AZIENDA.
Perché ricorda sempre…
Il fatturato è vanita, l’utile è verità, LA CASSA E’ REALTA’.
P.S. Se stai valutando un rebranding per il tuo hotel e sei indeciso sul da farsi, commenta il post qua sotto o scrivici via mail a info@albergatorepro.com per realizzare un’analisi di fattibilità partendo dai TUOI OBIETTIVI.
Perché devi apprendere le conoscenze di base del web marketing pur essendo un albergatore?
Anche se stiamo attraversando una fase super positiva in termini di risultati praticamente in tutta Italia, è tornato il momento di parlare di marketing.
Sì, perché, per quanto in questo preciso momento storico le prenotazioni arrivino e la crescita di fatturato sia quasi fisiologica, non puoi MAI abbassare la guardia. Anzi, è proprio in momenti apparentemente favorevoli che la preparazione e le competenze fanno la differenza tra un Albergatore Professionista e un mestierante..
Partiamo dalle basi. Possiamo ormai dare per assodato che, a prescindere dalla destinazione in cui lavori, tu debba ogni anno predisporre un piano e definire le linee guida della tua strategia di marketing.
Senza scendere in dettagli troppo tecnici, facciamo un ripasso dei pilastri sui quali dovrai concentrarti:
- definire, revisionare o confermare il posizionamento del tuo hotel (boutique hotel, family hotel, adults only, etc.);
- elaborare una proiezione dei ricavi a tre scenari (negativo, realistico, ottimistico);
- definire un budget di advertising (costo vivo delle campagne che indirizzerai su Google, Meta e altri canali di promozione);
- stabilire i sopracitati canali e allocare il budget in funzione del target;
- definire una tariffazione di partenza coerente con il posizionamento, la reputazione dell’hotel e il budget marketing;
- impostare un sistema di monitoraggio per verificare costantemente gli andamenti delle campagne e il ritorno sugli investimenti.
Fin qui niente di nuovo sotto il sole.
Il problema è che, con un mercato degli hotel sempre più competitivo e un crescente numero di albergatori consapevoli dell’esigenza di investire per raggiungere risultati concreti, la pressione sulle agenzie web cresce ogni giorno di più.
Se a questo sommiamo anche la difficoltà nel reperire personale qualificato e trattenerlo, capite bene che, considerando il valore strategico del compito, è di fondamentale rilevanza mettersi nella condizione di dialogare con i professionisti del web per poter valutare l’efficacia del lavoro svolto.
Ora, come sapete, sono fortemente convinto che un imprenditore non debba fare micro-management spaccando il capello in dettagli tecnici che non gli competono.
Tuttavia, dato che il costo del marketing di un hotel performante incide per circa il 3% del fatturato, è assolutamente necessario comprendere le basi del web marketing per assicurarsi di avere il controllo dei propri investimenti.
La faccio semplice.
Se in una fase di mercato rialzista tu affidi alla tua agenzia un budget di €30.000 (cifra a caso) e riesci a fatturare €1.000.000 come da previsionale, attraverso una visione panoramica tutto sembrerebbe rientrare nei parametri.
Se invece ti dicessi che, proprio in virtù di questa enorme spinta di mercato, potresti ottenere lo stesso risultato spendendone €20.000? Non ti seccherebbe pensare di averne sprecati €10.000 che potevano rappresentare un extra margine da spendere come volevi o reinvestire in azienda?
Ovviamente i numeri sono presi in maniera casuale e, in funzione del numero di camere dell’hotel e della destinazione, potrebbero cambiare drasticamente… Un 1% di fatturato di differenza costituisce, però, una cifra che potrebbe incidere del 5-10% sui tuoi margini. Proprio per questo meriterebbe tutta la tua attenzione, giusto?
Benissimo, ora seguimi nel ragionamento.
Per prima cosa devi imparare a leggere e interpretare i dati.
Questo perché, quando ti inviano i report di riepilogo (se lo fanno), nel caso in cui i referenti della tua agenzia gigioneggiano, sventolando una leva costi ricavi del 5%, sarebbe facile assecondare l’entusiasmo.
Dopotutto stai investendo €5.000 per ottenerne €100.000. Chi si lamenterebbe?
Se ti dicessi invece che di quei €100.000, €60.000 te li sei portati da casa?
Saresti ancora così soddisfatto considerando anche l’investimento fatto per pagare il lavoro dell’agenzia? Probabilmente no. Quindi è il caso che tu prosegua la lettura.
Lasciami fare una precisazione. Quello che ti sto spiegando non serve a metterti in modalità “inquisizione” e contestare a prescindere il lavoro fatto dall’agenzia con cui collabori, specialmente se esiste un rapporto di fiducia… Al contrario, serve per sviluppare un occhio critico che ti permetta di comprendere, valutare ed eventualmente intervenire per migliorare le performance delle tue campagne di marketing.
Perché diciamoci la verità, tolti pochi e rari casi, in Italia le agenzie web sono aziende generaliste che seguono clienti di ogni tipo, dalla ferramenta agli avvocati, dal gommista allo studio dentistico. Capisci bene che in casi simili è praticamente impossibile, per chi deve promuoverti, comprendere i tecnicismi di un business complesso come l’hotel…
D’altra parte, le poche aziende specializzate hanno letteralmente più clienti di quanti riescono a gestirne, finendo per lavorare “un tanto al chilo” e limitandosi a controllare che la leva costi/ricavi sia sostenibile per il cliente.
Quindi “bene” in senso assoluto, ma “non abbastanza” se vuoi coltivare una cultura d’eccellenza e gestire il tuo hotel da vero Pro.
Ora, per scendere dalla teoria alla pratica, ti riporto di seguito 3 casi in cui il rapporto tra agenzia e hotel è sostanzialmente sano.
La cosa interessante è che, in tutti e 3 i casi, dopo un’attenta analisi condivisa con l’agenzia, le performance sono migliorate oppure, quando non era possibile migliorarle, sono migliorate le condizioni contrattuali a vantaggio dell’albergatore.
Caso n.1: Hotel 3 stelle stagionale, mare.
Budget investito €8.150, ricavi diretti ottenuti dalle campagne €79.600.
In questa circostanza, il costo del marketing rappresentava il 10,2% dei ricavi, leggermente al di sopra rispetto alle performance medie di mercato, ma considerato comunque soddisfacente dall’agenzia che lo comparava al 18% di Booking.com…
Dopo una prima analisi, però, sono emerse due considerazioni:
- l’hotel in questione, dato il target e il tipo di soggiorno, non aveva MAI lavorato con Booking; quindi, il riferimento era totalmente fuori contesto;
- degli €80.000 incassati, €31.200 provenivano dalla sola campagna brand, cioè da qualcuno che stava effettivamente già cercando l’hotel in maniera esplicita. Quindi, al netto dei clienti già legati al brand, il costo REALE delle campagne di marketing era pari al 16,7%… Tutta un’altra storia.
In questo caso, dopo aver comunicato le dovute osservazioni all’agenzia, rivedendo insieme la distribuzione del budget sulle varie campagne, le performance sono migliorate in pochi mesi fino a raggiungere un costo complessivo del 7,3% contro il 10% di partenza.
Ora ti chiederai: com’è possibile migliorare le performance di una campagna (a parità di agenzia), addetto che se ne occupa, budget investito e hotel da promuovere?
Semplice, ci hanno messo maggiore attenzione.
In più, in un contesto dove un solo addetto arriva a gestire anche 20-30 strutture diverse, ti assicuro che l’attenzione dedicata al singolo cambia completamente il risultato dell’attività.
Caso n.2: Hotel 4 stelle, apertura 8 mesi, destinazione di lago.
In quest’altro caso, l’hotel ha deciso di avviare campagne per il mercato estero, prevalentemente in Germania, Austria e Francia.
Budget investito €6.840, ricavi diretti ottenuti dalle campagne €26.670. Costo del marketing pari al 25,6%.
Ora, posto che in questa situazione esso è nettamente superiore a quello di Booking, il cliente, prima di consultarci, aveva comunque deciso di proseguire con gli investimenti, “giustificandosi” con l’intenzione di investire direttamente all’estero ad un costo equiparabile a quello che avrebbe dovuto sostenere con tour operator.
Piccolo problema: dopo un’analisi delle campagne, è emerso che il 100% dei clienti arrivava dalle campagne brand.
L’hotel stava pagando €4.000 l’anno l’agenzia (oltre al costo vivo delle campagne) per attrarre clienti che già conoscevano la struttura dopo averla scoperta su Booking (che sarebbe stato comunque meno costoso) poiché abituali o spinti dal passaparola.
Ovviamente la strategia è stata completamente rivista: si è continuato a presidiare il mercato con campagne diverse e il costo agenzia è stato assorbito nel contratto precedentemente firmato.
Caso n.3: Hotel 4 stelle, annuale, Roma.
Qui la situazione è ancora più complessa perché, nel mercato delle città d’arte, le poche agenzie credibili hanno instaurato una consuetudine per la quale vengono pagate in percentuale sul totale delle prenotazioni dirette.
In questo caso il costo era del 3%, quindi apparentemente conveniente.
Altro piccolo problema: l’agenzia aveva impostato una specie di “segreto di Fatima“ sul proprio operato in seguito al quale sono state necessarie infinite insistenze per poter accedere ai dati sulle campagne in essere.
E, indovinate un po’? Addirittura il 90% delle prenotazioni generate dalle campagne era riconducibile alla campagna brand.
Come già successo, i clienti avevano visto l’hotel su Booking. Si trattava ancora una volta di clienti abituali e passaparola.
Ora, essendo estremamente complicato attrarre clienti direttamente in un mercato iper-competitivo come Roma, abbiamo soltanto aggiunto una campagna con keyword “a coda lunga” che incrociava vicinanza al punto d’interesse e caratteristiche dell’hotel “Hotel Vaticano 4 stelle”.
Abbiamo poi rinegoziato totalmente l’accordo, ottenendo così l’1% sulle prenotazioni generate dalle campagne brand e il 3% sul fatturato generato dalle altre campagne.
Questi sono soltanto 3 esempi di casi in cui, con il nostro supporto, l’albergatore ha analizzato consapevolmente il proprio piano di advertising ed è riuscito a correggere il tiro monitorando gli investimenti.
Quindi, a prescindere dal rapporto di fiducia con l’agenzia che ti segue, il mio consiglio è quello di sviluppare le competenze minime necessarie per comprendere il linguaggio del web marketing e dialogare alla pari con i professionisti a cui hai affidato il compito di promuovere il tuo hotel.
Procedure e delega: liberati dal senso di colpa e fai crescere il tuo hotel!
Nella terza Masterclass 2023 abbiamo fatto il punto insieme a 70 albergatori per quanto riguarda lo staff e abbiamo rilevato qualche piccolo miglioramento rispetto al biennio appena trascorso.
Chiariamoci, i professionisti qualificati sono rari come l’acqua nel deserto, le persone continuano ad essere mediamente inaffidabili ma, se non altro, il numero di candidati che rispondono agli annunci cresce sensibilmente rispetto alla carestia assoluta del periodo Covid.
A fronte di tutto ciò, in un contesto dove i prezzi salgono e le prenotazioni continuano ad arrivare, la gestione dello staff ha decisamente scalato la classifica delle priorità per gli albergatori.
Come sempre ci tengo ad essere onesto, la situazione di partenza non è delle migliori…
La maggior parte degli hotel ancora non ha un organigramma, un po’ per scarsa attenzione al problema, un po’ perché la generazione precedente ha tramandato il modello del “tutti fanno tutto” che, se anni fa poteva ancora funzionare (per lo meno in strutture di piccole dimensioni), oggi, con il livello di responsabilità delle nuove generazioni di lavoratori, diventa assolutamente controproducente.
Ecco perché è importante che tutti i collaboratori abbiano chiari i ruoli e il flusso di comunicazione, in modo da sapere a chi rivolgersi quando si presenta un problema.
Sappiamo tutti che in hotel i problemi sono all’ordine del giorno e, se non si chiarisce il flusso di comunicazione, chiunque abbia un problema si rivolgerà direttamente a te, distraendoti da quelle che sono le tue vere priorità.
Altro aspetto fondamentale sono le procedure, ma da questo punto di vista siamo relativamente “fortunati”.
Infatti, per quanto l’hotel sia oggettivamente un sistema complesso, è costituito da 4 reparti principali con funzioni specifiche e complementari: ricevimento, housekeeping, sala, cucina.
Certo, in strutture di grandi dimensioni sono presenti manutentori, giardinieri, può esserci una spa, ma una volta definiti i ruoli e coordinati i 4 settori principali di cui sopra, la spina dorsale dell’organizzazione è fatta e, di conseguenza, gestire i flussi risulta sicuramente più semplice.
Nello specifico, durante i due giorni di Masterclass, abbiamo diviso la classe in gruppi, ognuno dei quali ha lavorato sulle procedure di uno dei 4 reparti, condividendo le diverse esperienze e realizzando una guida che presenta dei principi fondamentali che possiamo considerare uno standard, con le relative declinazioni in funzione delle tipicità strutturali e organizzative.
Come detto, da questo punto di vista andiamo leggermente meglio rispetto all’organigramma, nel senso che molti hotel partono con delle procedure di base che, però, sono solitamente troppo sintetiche o, al contrario, troppo elaborate.
Il problema sta nel fatto che, se le procedure sono troppo sintetiche, richiedono spiegazioni aggiuntive e continue interruzioni del flusso lavorativo. Se, invece, per ogni reparto si crea un vangelo di 30 pagine, il risultato è che il manuale viene letto (forse) il primo giorno di lavoro e poi finisce nel cruscotto della macchina o in un cassetto della scrivania.
Secondo la mia esperienza, il modello più funzionale è un manuale basato principalmente su elenchi puntati e numerati, “modello check-list”, che non superi le 3 pagine per reparto.
A questo, ovviamente, sarà possibile integrare una sezione di video brevi per procedure specifiche tipo: pulire la macchina del caffè, disinserire l’allarme antincendio, sbloccare la cassaforte, impostare il condizionatore.
Dopodiché arriva il momento dell’’applicazione e qui si apre un altro discorso infinito. Infatti, molto spesso, anche chi ha investito tempo per creare un organigramma e guide funzionali, alla prova sul campo risulta allergico alla delega.
Di seguito ti riporto lo schema tipo più diffuso che si ripete più o meno all’infinito:
- creo procedure;
- condivido procedure;
- si presenta un problema;
- un addetto prova a risolverlo (o dice di averci provato) senza riuscirci;
- viene a chiedere aiuto a me direttamente;
- intervengo per risolvere (“perché tanto questo non capisce e faccio prima a farlo che a spiegarlo”).
Ora, se pensi che il processo che ti ho presentato qui sopra sia un’eccezione, ti assicuro che ti sbagli. Te lo dice uno che incontra centinaia di albergatori all’anno e ne visita altrettanti di diversa dimensione e classificazione.
Proviamo a capire insieme i motivi di un malcostume che, più o meno inconsapevolmente, causa danni per decine di migliaia di euro (quando non sono centinaia) ad ogni albergatore che lo commette.
Il primo, per mia esperienza, è costituito dalla confusione nel distinguere urgenze e priorità. Facciamo quindi un breve ripasso.
Urgenza: un’attività che non è possibile rimandare perché richiede di essere risolta immediatamente.
Esempio: un tubo che perde, un condizionatore rotto in una giornata con 40 gradi all’ombra, un ospite che perde un bagaglio pochi minuti dopo l’arrivo.
Priorità: un’attività strategica, di primaria importanza, il cui svolgimento ha un impatto economico ed organizzativo determinante per la gestione dell’hotel.
Esempio: selezione e gestione delle persone, creazione di un piano marketing strategico, gestione dei prezzi, controllo di gestione, pianificazione fiscale.
Ora, nel caso servisse ricordarlo, nella mia famiglia siamo alla quarta generazione di albergatori e so perfettamente che gli esempi riportati nella categoria “urgenze” sono situazioni importanti da gestire con la massima attenzione.
La differenza sta nel fatto che, se sono io il gestore, delle urgenze devo occuparmene occasionalmente (2-3 volte l’anno, 1 volta al mese massimo), mentre delle priorità devo occuparmene personalmente sempre. Per lo meno fino a quando, se le dimensioni della struttura me lo consentono, non sono in grado di delegarle, almeno in parte, a qualcuno che sia altamente specializzato, ma che comunque dovrò affiancare prima e controllare poi.
Qual è il motivo di questa netta distinzione e assegnazione dei compiti?
Solitamente nei master di gestione aziendale si spiega il concetto di valore del tempo.
Esempio: se la mia azienda fattura €1.000.000 in 365 giorni di apertura e io sono responsabile dei risultati, una mia giornata di lavoro vale €2.700. Ora dividi il valore di una giornata per il numero di ore lavorate e trova il valore di una tua ora di lavoro.
Nel caso dell’esempio, se lavorassi 10 ore al giorno, il valore di una mia ora di lavoro sarebbe circa €270.
Capisci bene che se dedico una mia ora di lavoro a fare il manutentore per sbloccare una cassaforte, non sto facendo un impiego intelligente del mio tempo, specialmente se mentre lo faccio sto “rubando tempo” alle mie vere priorità come imprenditore. Per completare il discorso, se un manutentore o un collaboratore costano €15 l’ora per le attività a basso valore aggiunto, delegarle è una mia responsabilità nei confronti dell’azienda che dirigo.
Ora mi sembra già di sentirti…
“Eh, ma io conosco la casa da 30 anni, come lo faccio io non lo fa nessuno”.
Devi creare una procedura e aggiornarla fino a quando, leggendola, i tuoi collaboratori non riusciranno a svolgere la funzione in autonomia.
“Eh, ma io di ore ne faccio 16 quindi al massimo dormo meno, ma faccio tutto”.
Poi non lamentarti se quando passano i momenti di picco sei STREMATO, odi questo lavoro e non riesci più a relazionarti con i clienti. O, ancora peggio, inizi a pagare con la TUA SALUTE.
Riassunto, puoi occuparti dei lavori a basso valore aggiunto SOLO:
- dopo aver gestito le PRIORITA’;
- dopo aver creato delle procedure che permettano ad altri di svolgere quelle attività in tua assenza;
- se ti appagano personalmente e li consideri un hobby (tipo annaffiare le piante in giardino), MA SOLO DOPO AVER RISPETTATO I PUNTI PRECEDENTI.
“Però Gian Marco, il discorso sul valore del tempo lascia il tempo che trova perché anche i miei nonni fatturavano, ma trovavano comunque il tempo per riparare i lavandini, accompagnare i clienti in stazione, servire ai tavoli, etc.”.
Certo, chiaro, ma i tuoi nonni…
- Dovevano leggere e rispondere alle recensioni?
- Dovevano aggiornare le OTA?
- Dovevano gestire i prezzi dinamici?
- Dovevano occuparsi di creare, monitorare campagne di advertising e aggiornare i social network?
- Dovevano investire un budget per cercare il personale, pensare a piani incentivi, benefit e insegnare le basi dell’educazione ai membri dello staff?
- Dovevano configurare e gestire le decine di software che usi quotidianamente per svolgere le attività lavorative?
Te lo dico io… No che non lo facevano, perché lavoravano in un’altra epoca. Un’epoca sicuramente più difficile da un punto di sacrifici fisici, ma assolutamente privilegiata in termini di mercato.
Infatti, fino a 20 anni fa, in Italia gli hotel avevano “i clienti di cittadinanza”. L’unico ostacolo al raggiungimento del fatturato erano la pioggia al mare e la mancanza di neve in montagna, fine.
Ora capisci bene che, con il fatturato “praticamente garantito”, le uniche strategie che facevano davvero la differenza sulla marginalità erano:
- compra solo dai fornitori che costano meno per risparmiare;
- lavora più che puoi per risparmiare sui dipendenti.
In un contesto del genere era assolutamente normale, quasi doveroso, occuparsi di certe cose. Se non lo avessero fatto, di cos’altro si sarebbero dovuti occupare?
Non sto in nessun modo incentivando la nuova generazione di albergatori a trasformarsi in una categoria di colletti bianchi incapaci di avvitare una vite.
Al contrario, per fare l’albergatore serve un forte spirito di sacrificio e il senso pratico ha sempre fatto e sempre farà la differenza.
Per quanto formalmente gli hotel siano aziende di servizi, lavoriamo con “cose e persone”, quindi è obbligatorio mantenere un contatto diretto con la realtà. Questo, però, è un rischio davvero limitato perché la realtà ci sbatte in faccia il promemoria ogni girono.
Il problema caso mai è contrario.
La maggior parte degli albergatori, infatti, sono ancora giornalmente inghiottiti da attività manuali a bassissimo valore aggiunto.
Inoltre, seppur si dimostrino (a bocce ferme) perfettamente consapevoli di questo enorme limite organizzativo, ad un ogni apertura, puntualmente, ricadono nel tunnel dell’operatività.
Così, dal momento che ho troppa stima di certe persone per pensare che lo facciano “per distrazione”, ho investito parecchio tempo ad indagare per capire insieme a loro i veri motivi di questo reiterato malcostume.
E sai cosa è emerso dalle confessioni a microfoni spenti?
Che molto spesso la causa è il senso di colpa.
Quello che succede è che, pur studiando, aggiornandosi e comprendendo l’importanza di creare procedure, delegare e dedicarsi alle priorità imprenditoriali, c’è una vocina nel subconscio che li riporta sempre sulla vecchia strada.
La vocina dice più o meno così:
“Ma se i miei nonni/genitori, che hanno costruito l’hotel, per 30 anni si sono sempre sporcati le mani cucinando, servendo ai tavoli, facendo lavori di manutenzione etc., chi sono io per pensare di gestire l’hotel dalla scrivania dedicandomi solo ai numeri, alle persone e alle attività di concetto?”.
E attenzione, perché qualora non sentano la vocina nella propria testa, spesso ci pensano proprio i suddetti nonni/genitori a mettere in scena una reprimenda cantata in grado di sopprimere le velleità manageriali anche del più audace degli eredi.
“Bene”, sappi che non sei solo. Ora che hai preso coscienza del problema, portandolo dallo stato inconscio allo stato conscio, non puoi più permetterti di ignorarlo.
Devi, il prima possibile, fare un reset della tua impostazione mentale e installare un nuovo mindset perché, oggi, gli hotel che crescono sono quelli guidati da imprenditori, mentre gli albergatori che sono ancora invischiati nell’operatività perdono competitività ogni giorno.
L’eredità di chi ha fondato l’albergo non si onora facendo sacrifici inutili che portano solo a perdere lucidità e a farti odiare il mestiere.
Se vuoi imparare un metodo di comprovata efficacia che ti permetta di migliorare fatturato e margini del tuo hotel, consentendoti di vivere una vita che meriti di essere vissuta, rimani connesso.
I soldi fanno davvero la felicità?
Perché, nonostante guadagnino abbastanza per essere felici, molti albergatori italiani sono stanchi di fare questo mestiere?
A prescindere da come la pensi sull’argomento “soldi-felicità”, proviamo a fare insieme alcune considerazioni.
Secondo una ricerca commissionata da ABI, in Italia le società di capitali che gestiscono hotel (codice Ateco 55.10) fatturano in media circa €750.000/anno.
Considerando un margine operativo lordo di circa il 40% per un’azienda sana, è facile intuire che gli utili, al netto di eventuali mutui e affitti, posizionano il “gestore medio” comodamente sopra la cosiddetta “soglia della felicità” di €84.000.
Ora, posto che in Italia, nel nostro settore, sono ancora molto diffuse le società di persone rispetto a quelle di capitali, e che queste non hanno dati pubblici di bilancio, sappiamo tutti quanti che il fatturato è comunque un dato aleatorio, non sempre corrispondente ai reali risultati (come mio solito sono qui per dire le cose come stanno).
Ciò non di meno, il mestiere di albergatore è considerato sempre più difficile dalle nuove generazioni che, molto più frequentemente rispetto al passato, valutano nuove strade.
Allora, se questo mestiere permette di “guadagnare abbastanza per essere felici”, perché i giovani scappano dall’hotel?
Per prima cosa sappi che se ti è capitato di valutare l’ipotesi di mollare, non sei l’unico e non c’è niente di strano. Detto questo, a mio parere i motivi sono diversi e collegati tra loro.
Partiamo con le premesse.
Sono ormai abbastanza vecchio da aver attraversato due momenti di “crisi” relative agli hotel.
Il primo nel 2012 con le conseguenze della crisi finanziaria globale, che ha creato un terremoto tale da compromettere i risultati di migliaia di hotel in Italia.
Per la prima volta nella storia si è passati da un contesto dove “ce n’è abbastanza per tutti” a un contesto realmente competitivo dove “c’è sempre di più”, ma solo per chi impara le nuove regole del gioco.
Nasce in quegli anni una REALE esigenza di marketing per gli hotel, che perdono il privilegio del “cliente di cittadinanza” e devono strutturare un piano per raggiungere i propri obiettivi di fatturato.
Il secondo momento di svolta avviene nel 2020, quando il Covid SPEGNE letteralmente l’intero settore per mesi, obbligando migliaia di strutture alla chiusura.
In qualche modo questo fenomeno globale diluisce nuovamente le responsabilità del singolo imprenditore attraverso il passaggio violento, poiché avvenuto in pochi mesi, dal “non c’è niente per nessuno” al “revenge tourism”, che nel 2023 si manifesta in tutta la sua evidenza, generando una percezione di abbondanza generalizzata.
Detto questo, il Covid ha portato i suoi effetti NON solo in termini economici. Ha stravolto completamente gli equilibri psicologici di MILIARDI di persone nel mondo.
Obbligando il mondo a fermarsi, infatti, operai, professionisti, manager e imprenditori (senza distinzione di classe) si sono ricordati che esiste una vita oltre al lavoro e che quella dovrebbe essere la nostra priorità.
Tutto questo ha comportato inevitabili conseguenze sociali, con effetti diretti sul turismo mondiale.
Vediamo ora insieme quali, secondo la mia esperienza, sono i principali fattori di “sofferenza” e insoddisfazione che la nuova generazione di albergatori sta attraversando in questo delicatissimo momento storico.
Prima di cominciare ti ricordo che, quando condivido questo genere di analisi, riporto principalmente le confessioni raccolte durante i colloqui con le centinaia di albergatori che incontro ogni anno.
Sei pronto? Cominciamo
Salute fisica: viviamo in un’epoca dove l’importanza percepita di “essere in salute” è cresciuta esponenzialmente.
Attenzione: per essere in salute NON si intende, come per la generazione precedente, NON avere un brutto male, bensì occuparsi consapevolmente di proteggere e curare il proprio benessere psicofisico, PRIMA che sia troppo tardi.
Avere il mal di schiena cronico, essere in sovrappeso e convivere con livelli di stress oltre la soglia di allarme erano cose considerate assolutamente normali fino a vent’anni fa. Anzi, per un inspiegabile meccanismo perverso, la soglia di sopportazione del sacrificio era considerata, dalla generazione precedente, una sorta di “medaglia al merito”.
Ho memoria diretta di albergatori che, nonostante infortuni fisici “durante la stagione”, hanno rimandato qualunque visita all’autunno “perché in estate non si può star male”.
Allo stesso modo, quando mi occupavo di software, ho visto con i miei occhi centinaia di albergatori lavorare in inverno, in strutture chiuse, con temperatura da frigo e umidità insostenibile, con cappello in testa e stufetta ai piedi “perché il cloud costa troppo”.
E non ti parlo di persone economicamente in difficoltà, ti parlo di imprenditori che guadagnavano 100-200-300 mila euro l’anno e che convivevano PER SCELTA con influenza, artrite e reumatismi per risparmiarne mille.
Se ti riconosci in una delle situazioni di cui sopra, non sentirti in alcun modo offeso da queste considerazioni, io stesso ho vissuto in famiglia situazioni simili.
Fa parte del normale processo di evoluzione scontrarsi con l’eredità del “abbiamo sempre fatto così”.
L’importante è prenderne coscienza e provare a mettere nero su bianco le cause della vostra eventuale insofferenza al mestiere.
Stress/salute mentale: trovare e gestire il personale, raggiungere il budget, pagare le rate del mutuo o dell’affitto, ristrutturare, trovare il tempo per dedicarsi alla famiglia sono solo alcuni dei mille pensieri con cui oggi convive un albergatore.
Ora, posto che è inevitabile avere pensieri quando si gestisce un’impresa, il problema nasce quando i pensieri si trasformano in PAURE.
E sai qual è il principale antidoto contro la paura? La CONOSCENZA.
Gestire un hotel nel 2023 comporta la necessità di acquisire competenze che fino al 2008 erano assolutamente superflue.
Al giorno d’oggi saper fare marketing, leggere un bilancio, attrarre, motivare e coinvolgere le persone NON sono aspirazioni per appassionati di formazione e crescita personale, ma REQUISITI MINIMI per competere.
Se vivi costantemente con l’ansia per uno o più dei fattori sopra citati, sappi che sviluppare le tue conoscenze ti permetterà di affrontare ogni aspetto con maggiore consapevolezza e serenità.
Relazioni: è scientificamente dimostrato che la qualità della vita dipende STRETTAMENTE dalla qualità delle relazioni sociali che instauriamo.
Conflitti familiari, “lotte di successione”, compromessi con collaboratori e soci sono all’ordine del giorno e questo lo sappiamo tutti.
Ricorda che, anche se ognuno di noi ha una propria e personalissima soglia di sopportazione, NESSUNO è realmente impermeabile alle relazioni tossiche.
Rancore, invidia, gelosie, frustraziome, nervosismo costante, creano un comprovato indebolimento del sistema immunitario e generano le condizioni ideali per conseguenze ancora peggiori in termini di salute.
In questo caso, il consiglio è quello di ascoltarsi e ammettere a sé stessi (con brutale onestà) se stiamo convivendo con normali conflitti emotivi o se stiamo accettando compromessi che inquinano la nostra salute fisica e mentale.
Controllo: qui è fondamentale riconoscere una verità incontrovertibile.
Se NON hai un tuo piano marketing, dipendi completamente dalla destinazione che ti ospita.
Per dirla in altre parole: sei completamente in balia del mercato.
Se la tua destinazione “va bene”, vai bene anche tu nella misura della dimensione, classificazione e reputazione del tuo hotel. Se la tua destinazione “va male”, vai male anche tu.
Per quanto abbiamo ripetuto centinaia di volte che la destinazione in cui lavori determina i confini entro i quali puoi crescere, c’è un’altra parte della verità che forse non ho ripetuto abbastanza: la differenza tra un TOP performer e il livello medio della destinazione oggi arriva al 25-30%.
Questo significa che, a parità di dimensioni e classificazione, un albergatore “normale” fattura €750.000, mentre un Albergatore Pro ne fattura €1.000.000 con una crescita esponenziale in termini di UTILI.
Quindi la verità è che se decidi di seguire la corrente, ti sei auto-condannato ad un destino dove l’unica “strategia” è alzare gli occhi al cielo e sperare “che Dio te la mandi buona”. Se, invece, accetti di assumerti la responsabilità dei tuoi risultati, PUOI FARE LA DIFFERENZA per te, per il tuo hotel, per i tuoi CARI.
Attenzione però, perché se è vero come è vero che oltre una certa soglia “i soldi non fanno felicità”, CRESCERE NON significa solo aumentare il fatturato, assorbire l’incremento di costi, e proteggere i tuoi utili, ma implementare un metodo che ti permetta di avere un equilibrio SANO tra lavoro e vita privata per gestire al meglio il tuo hotel, senza rinunciare a prenderti cura della tua salute e dedicare tempo alle persone importanti della tua vita.
La buona notizia per te è che, al prossimo Albergatore Pro, parleremo anche di questo tema. Il programma è ormai interamente definito e lo pubblicheremo entro poche settimane.
L’obiettivo per il corso 2023 non è più semplicemente “creare la migliore edizione di sempre”, anche purché la questione è molto soggettiva e riguarda la percezione e la condizione individuale del momento, di ogni singolo partecipante.
L’obiettivo è introdurre spunti COMPLETAMENTE nuovi che possano proiettarti 10 anni avanti rispetto ai competitor.
Affronteremo argomenti che saranno considerati “avanti” nel 2033, quando tu potrai dire “io queste cose le ho imparate ad Albergatore Pro 10 anni fa.
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